giovedì 15 ottobre 2009

Della serie: "Quando un uomo pensa una stronzata a Singapore, a Rovigo si avvera".

Così come Monello Vianello, intitola le prime righe del suo blog, io riporto quanto segue.

Giovedì 15 Ottobre 2009, da "Il Gazzettino".

Scenari tecnologici futuribili all'orizzonte del Delta del Po. Li schiuderà l'ambientalizzazione a carbone della centrale Enel e interesseranno un largo tratto dell'Alto Adriatico.
Il finanziamento da cento milioni di euro che Enel ha ricevuto dall'Unione europea nell'ambito dell'intesa sul Carbon sequestration leadership forum, ha permesso al ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola di siglare un accordo con il suo omologo inglese Ed Milliband. I due stati collaboreranno sui progetti di cattura e sequestro di Co2. Uno dei due progetti sperimentali italiani è collegato alla riconversione dell'impianto di Porto Tolle.
Ma più ancora della notizia in sé, la domande più insistenti riguardano dove verrà stoccata la CO2 prodotta e se si può riutilizzarla. La risposta non poteva darla che il responsabile Energia di Enel ingegner Sauro Pasini.
Lo stoccaggio per il riutilizzo è escluso? «Direi di sì - risponde Pasini -. Un milione di tonnellate annue è davvero un quantitativo difficile da riutilizzare. Anche per questo Enel ha instaurato una collaborazione con Eni sulla scorta scientifica del centro ricerche di Trieste e dell'Istituto di vulcanologia di Roma. Ci sono due possibilità di stoccaggio, entrambe a una distanza massima di un centinaio di chilometri da Porto Tolle. Il primo riguarda un deposito salino acquifero profondo nel quale si trova sale in soluzione. La CO2 inserita si scioglierebbe e sarebbe rimineralizzata nel corso dei millenni».



Che quantità riuscireste a sequestrare? «La capacità del giacimento può arrivare 300, 400 milioni di tonnellate. Quel che importa è però la sicurezza. I giacimenti utilizzabili debbono avere una sorta di cappello di 400-700 metri di roccia impermeabile per evitare ogni possibilità di fughe».
L'altra opzione qual è? «Eni sta valutando la possibilità di sfruttare lo stoccaggio di CO2 in alcuni giacimenti esausti con il duplice scopo di sequestrare il gas e far uscire la parte di metano ancora imprigionata. Qui si parla di quantità sequestrate decisamente inferiori. Il vantaggio è dato però dal recupero del combustibile. I giacimenti si trovano a non più di 20 chilometri dalla costa».
E per portare la CO2 in loco? «Useremo una pipe line di 20 o 30 centimetri di diametro. Una piattaforma sopra al giacimento provvederà al pompaggio a 100-150 bar di pressione fino a 1,5 km di profondità. L'accordo prevede che le autorizzazioni vadano in parallelo con quelle della centrale e già nel 2015-2016 tutto sarebbe operativo».

1 commento:

La Ghenga ha detto...

Mi sfuggono alcuni passaggi di questo geniale articolo. Ad esempio, che fine ha fatto il mio progetto (sperimentale, ovviamente, come questo) di spedire la Co2 su Plutone con il teletrasporto, ovviamente non appena ci saranno le tecnologie per farlo?
E perchè se io dico una cazzata è un cazzata, mentre se la dice Enel, il Gazzettino la sbatte in prima pagina?
Mah!